Un cappello pieno di fiori. Immagini e ricordi nei giorni della pandemia
“Da domani saranno sospese le attività didattiche nelle scuole, nelle università.”
Nei primi giorni di marzo le parole del Presidente del Consiglio danno inizio all’isolamento per rispondere al diffondersi del virus Covid-19. Dopo i primi momenti di inquietudine e allarme, cerco di riempire il tempo sospeso, i giorni molto calmi e troppo vuoti, rubati al ritmo frenetico della vita.
A casa ho quattro scatoloni di vecchie foto che ho trovato nelle case dei miei nonni, di mia zia, di mia madre, quando ho dovuto disfarle dopo la loro scomparsa. Non avendo mai avuto né il coraggio di guardarle né il desiderio di gettarle, le foto si sono accumulate e mescolate alla rinfusa. Potrebbe essere il momento per metterle in ordine?
Mia figlia ed io apriamo uno a uno gli scatoloni. All’inizio, ci sembra che le foto fatichino ad uscire dalla loro prigione; sono stanche, provate dal tempo, invecchiate senza sguardi. Iniziamo a comporre dei piccoli gruppi, prima per decenni, poi per anni, infine anche per giorni speciali – la partenza per la guerra, una vacanza in montagna, la fine dell’anno scolastico – che scandiscono il trascorrere del tempo. Buttiamo le foto rovinate, eliminiamo i doppioni, stendiamo alcuni lembi piegati. Presto il lungo tavolo da pranzo sul quale lavoriamo non basta più per raccogliere in modo ordinato oltre cinquecento fotografie in bianco e nero che rappresentano i momenti lieti della mia famiglia dall’inizio alla metà del secolo scorso. Le foto si sparpagliano, vogliono il loro spazio, hanno bisogno delle sedie intorno al tavolo, del piano della credenza, di alcuni sgabelli recuperati in altre stanze. Rivoltate verso di noi, ripulite e ben sistemate, le foto ora ci guardano con allegria. Ricordo senza esitazione i nomi dei volti giovani di tante persone che ho conosciuto solo da adulte o da anziane.