CHI CI ACCUSERÀ? CHI CI CONDANNERÀ?

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Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?

Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

(Romani 8, 31-34)

Se il vertice della teologia paolina è nella Lettera ai Romani, il picco ideale di questo scritto è nel capitolo 8, il cui apice è nell’inno finale all’amore di Dio (8, 31-39), ritmato su una serie di domande retoriche appassionate, affidate come sono a toni e a parole cariche di pathos. Di questo inno la liturgia della seconda domenica di Quaresima ci propone l’avvio. Alle spalle di questo testo c’è la grandiosa rappresentazione del progetto di salvezza pensato da Dio fin dall’eternità, le cui tappe sono scandite da una sequenza di verbi: Dio ci ha pre-conosciuti, ci ha pre-destinati, ci ha poi chiamati, ci ha giustificati e, infine, ci ha glorificati (8, 29-30).

Nel nostro breve brano, segnato dalle prime domande retoriche, entra in scena, solenne e amoroso, Dio stesso che non risparmia il suo Figlio, anzi lo consegna a noi e in lui offre a noi tutti i suoi doni. In quel verbo “non risparmiare” c’è un’allusione al gesto di Abramo che non aveva esitato a sacrificare suo figlio. Si ha, così, l’esaltazione della Pasqua di Cristo, che è morte e risurrezione, che è lotta contro il male e luce di salvezza, che è epifania d’amore e di liberazione. Ecco, allora, il canto di vittoria che suggella il testo proposto oggi dalla liturgia.

La simbologia usata da Paolo è di stampo giuridico. Nel processo che nella storia è intentato contro i cristiani, Dio è schierato al loro fianco come avvocato difensore: «è colui che giustifica». Il verdetto finale non può essere allora quello di una condanna, emesso da un tribunale umano, come era già accaduto per lo stesso Gesù. Infatti, si erge alla fine il Cristo risorto che «intercede per noi» e blocca ogni giudizio, introducendoci nella sua gloria e pronunziando la sentenza della salvezza.

Si respira in questa pagina una viva e intensa atmosfera di fiducia che sarà poi accentuata nelle righe successive di questo inno, ove si elencheranno in una lunga lista tutti gli avversari vinti: tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericoli, spada, morte, vita, angeli maligni, presente, avvenire, potenze, altezza, profondità, creature varie. Nulla riuscirà a superare la potente difesa dell’«amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore» (8, 39).

Certo, il “Dio con noi” può diventare anche un motto blasfemo e illusorio, come il Gott mit uns sui cinturoni dei nazisti. Ma per il fedele è una certezza che diventa sorgente di fiducia e di pace, come ci insegna un famoso teologo, Karl Rahner (1904-1984), in una sua preghiera: «Un giorno tu, Signore, mi parlerai nell’ora della mia morte. E quelle parole segneranno un inizio eterno oppure una fine senza fine. Signore, che alla mia morte io oda le parole della tua misericordia e del tuo amore!».