LIEVITO VECCHIO E AZZIMI NUOVI

Print Mail Pdf
condividi  Facebook   Twitter   Technorati   Delicious   Yahoo Bookmark   Google Bookmark   Microsoft Live   Ok Notizie

Fratelli, non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!

Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità. (1 Corinzi 5, 6-8)

            La scena che si intravede in filigrana a questo brano “pasquale” desunto dalla Prima Lettera ai Corinzi è tipicamente ebraica. Se immaginiamo di entrare in una casa dell’Israele contemporaneo di san Paolo, in una città della Diaspora giudaica come era anche Corinto (ove forte era la presenza ebraica), troviamo, in occasione della cena pasquale, la famiglia riunita attorno alla mensa: al centro c’è idealmente l’agnello sacrificale e attorno ad esso i pani azzimi, secondo la narrazione del libro dell’Esodo (capitolo 12). In sovrimpressione a questa scena l’Apostolo introduce una sua piccola “omelia” pasquale.

            Nella comunità cristiana l’agnello immolato è Cristo crocifisso e risorto, principio di liberazione e di vita nuova. Attorno a lui, che è ora sull’altare nel segno del pane e del vino, suo corpo sacrificato e suo sangue versato per noi, si stringono i cristiani che sono i pani azzimi viventi. Come è noto, il pane fermentato e corruttibile doveva essere del tutto espulso dalla mensa pasquale giudaica per lasciare spazio al pane senza lievito (tale è appunto il significato del vocabolo di origine greca “azzimo”).

            Ebbene, alla Pasqua cristiana devono partecipare coloro che si sono interiormente purificati, lasciando cadere le scorie del peccato attraverso la loro conversione e il perdono di Dio. Ma san Paolo è consapevole che il male è sempre in agguato, «è accovacciato alla tua porta e verso di te è la sua brama» (Genesi 4,7). Ecco, allora, l’appello finale che suggella questo essenziale discorso pasquale (significativo, a tal proposito, è l’invito a «celebrare la festa», segno che – mentre Paolo scrive – si è nei giorni di Pasqua): è necessario cacciare dalla comunità cristiana «il lievito vecchio».

            Esso è precisato con due termini, «malizia e perversità». Non bisogna, infatti, dimenticare che nelle righe precedenti l’Apostolo aveva denunciato con veemenza un fatto scandaloso che avrebbe dovuto scuotere la coscienza dei cristiani di Corinto: un membro della comunità conviveva con la moglie di suo padre, in una relazione di stampo incestuoso. La Pasqua è la festa della libertà non solo esteriore, ma soprattutto interiore, che si esprime nella «sincerità e verità».

            Soltanto così si celebra la vera Pasqua cristiana e si è nel mondo autentici testimoni della fede. Il filosofo tedesco dell’Ottocento Friedrich Nietzsche, fieramente anticristiano, rimproverava con queste parole i credenti: «Se la buona novella della vostra Bibbia fosse scritta anche sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere così ostinatamente perché si creda all’autorità di questo libro: le vostre azioni renderebbero quasi superflua la Bibbia perché voi stessi dovreste continuamente costituire la Bibbia vivente».