LA NOTTE E IL GIORNO

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È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne. (Romani 13, 11-14)

 

            Entriamo in Quaresima scegliendo un  testo paolino che ci faccia quasi da guida durante l’itinerario dei quaranta giorni. Lo facciamo attingendo al suo capolavoro teologico, la Lettera ai Romani, nella parte che è scandita da una tonalità morale ed esistenziale. C’è un simbolo che domina ed è fondamentale nell’esperienza comune quotidiana: si tratta del tempo, nella sua duplice sequenza di notte e di giorno. Ecco innanzitutto la tenebra notturna che è segno di peccato e di male. L’Apostolo la rappresenta attraverso una lista di sei vizi: orge, ubriachezze, lussurie, impurità, litigi e gelosie.

            È questo il momento del sonno dell’anima, ottenebrata e intorpidita. L’uomo viene quasi accecato dal fascino della perversione, che lo trascina nei bassifondi del male ove impazza la “carne” che per san Paolo è il principio maligno che agisce in noi e che ci conduce all’abisso del peccato. Ma sappiamo che alla notte subentra il giorno, il sonno lascia spazio al risveglio, alla tenebra succede la luce. Ecco, allora, l’appello dell’Apostolo che invita ad attendere e a scoprire all’orizzonte la lama luminosa dell’alba che taglia l’oscurità.

             Egli, per descrivere il “risveglio” cristiano (tra l’altro, il verbo “risvegliarsi” in greco, egheirein, è lo stesso usato per indicare la risurrezione), ricorre a un altro simbolo, quello della veste. Dobbiamo spogliarci delle opere oscure e maligne e indossare «le armi della luce» che – come spiegherà in Efesini 6, 14-17 – sono la cintura della verità, la corazza della giustizia, i calzari dell’annunzio del Vangelo, lo scudo della fede, l’elmo della salvezza, la spada della Parola di Dio. Anzi, la nuova veste da indossare – continua Paolo con un’immagine ardita – è Cristo stesso, così da modellarci totalmente su di lui.

            Perciò, «se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi come i figli della luce e il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre… Per questo sta scritto: “Svégliati, o tu che dormi, déstati dai morti e Cristo ti illuminerà!”» (Efesini 5, 8-11.14). Con questo monito paolino avviamoci, dunque, sul sentiero d’altura della Quaresima, tenendo alto il vessillo della luce interiore e lasciando alle spalle la notte oscura.

            In questo itinerario intoniamo l’inno pasquale che ci ha lasciato il martire Ippolito di Roma nella sua Tradizione apostolica: «Per mezzo tuo, Cristo Signore, sono state messe in fuga le tenebre della morte, la vita è data a tutti, le porte del cielo si sono spalancate. O Pasqua divina, luce del nuovo splendore, non si spegneranno più le lampade delle nostre anime. Divino e spirituale, brilla in tutti il fuoco della grazia, alimentato dalla risurrezione di Cristo. Leva, o Cristo, il tuo stendardo di luce sopra di noi!».