SIATE LARGHI NELLA GENEROSITÀ!
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2 Corinzi 8, 7.9)
Con la solennità dei Ss. Pietro e Paolo si chiude l’anno paolino voluto da Benedetto XVI, e anche noi concludiamo il percorso che insieme abbiamo condotto riflettendo sui testi dell’Apostolo offerti dalla liturgia festiva. In questa domenica la proposta riguarda un passo di quella sorta di piccola trattazione che san Paolo fa nella Seconda Lettera ai Corinzi sulla solidarietà tra le Chiese (capitoli 8-9). Di scena sono le difficoltà economiche in cui versa la comunità cristiana di Gerusalemme, la Chiesa madre. Ora, i fedeli della Macedonia s’erano già impegnati con spontaneità e generosità.
L’Apostolo adesso si rivolge ai cristiani di Corinto perché emulino i loro confratelli macedoni, impegnandosi con larghezza nella colletta. Ma egli propone un altro e ben più alto esempio, quello di Cristo che ci ha insegnato la logica del dono contro quella dell’interesse. «Da ricco che era, si è fatto povero», osserva Paolo e il pensiero corre all’incarnazione così come era stata cantata nell’inno di Filippesi 2, 6-11, che a suo tempo commentammo: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini…».
Questa solidarietà con l’umanità aveva lo scopo di trasfigurare la creatura, arricchendola dei doni divini di vita, di amore, di gloria. Sulla scia di Cristo anche il fedele si chini amorosamente sul fratello in difficoltà e i Corinzi, ricchi di tanti doni spirituali («parola, conoscenza, zelo, carità»), diventino un segno di generosità fraterna anche attraverso l’elargizione dei beni materiali. Proprio da questo appello si riesce a intuire quanto sia errato ridurre l’Apostolo a un freddo teorico, a un teologo lontano dal calore e dall’ardore del pastore o dall’amore incarnato da Cristo.
Il brano che la liturgia oggi ci presenta va oltre il testo da noi qui citato e, in 8, 13-15, continua con una considerazione sul principio di uguaglianza. Ora sono i Corinzi a sostenere i cristiani di Gerusalemme, ma può venire il giorno in cui si compia lo scambio di reciprocità, una reciprocità che già ora può attuarsi coi doni spirituali che i fedeli beneficiati possono ricambiare nei confronti dei loro benefattori. È bella questa distribuzione costante dei beni tra le Chiese, segno di solidarietà fraterna e di comunione operativa. San Paolo la vede come l’ideale continuazione dell’esperienza biblica del deserto, quando Israele in marcia ottenne da Dio il dono della manna: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno» (Esodo 16, 18). In ogni tenda familiare la porzione di manna era calibrata secondo i membri di quel gruppo: un limpido e suggestivo esempio di uguaglianza senza prevaricazioni e sperequazioni sociali.