TWEET PAPALI LATINI

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È possibile ottenere un successo trionfale in un social usando una lingua di per sé morta e avere lo stesso quasi un milione di followers quotidiani? La risposta sorprendente è «sì», e l’effetto è realizzato attraverso il latino: ci riferiamo ai tweet che ogni giorno papa Francesco indirizza al mondo intero usando proprio questa lingua che, strettamente parlando, è ancora quella ufficiale – con l’italiano – della S. Sede. Nato nel 2006 il Twitter che, come è noto, ammicca all’inglese to tweet, “cinguettare”, si affida all’essenzialità del messaggio basato, prima, su 140 e ora su 280 caratteri, uno stampo rigido che può essere coartante ma anche incisivo. Qualche tempo fa sembrava che fosse in declino, ma ci hanno pensato i politici (si pensi a Trump) a farlo risorgere e ringalluzzire.

Essendo anch’io una delle presenze costanti in questa sorta di micro-blog, vorrei segnalare al riguardo una particolare mini-raccolta che appartiene a un tale genere di comunicazione, ma con la caratteristica sopra indicata. Intendo appunto riferirmi ai tweet papali latini (ancor più imponenti sono i fruitori dei messaggi in altre lingue) e al relativo volumetto antologico, naturalmente in latino già nel titolo: Breviloquia Francisci papae anno MMXVII composita. Si ha, così, la traduzione del termine tweet nella lingua di Cicerone, breviloquium, che è in sé già una chiara definizione del genere in questione.

Potrà sembrare paradossale, ma il latino è la lingua ideale per questo mezzo di annuncio. Lo spiega un grande latinista come Ivano Dionigi, rettore emerito dell’università di Bologna: «Il latino è per eccellenza lingua della comunicazione, sua caratteristica infatti è la sinteticità, è lingua sintetica, non analitica. Attraverso le declinazioni si risparmiano pronomi, articoli, preposizioni». Non per nulla, in occasione di un affollato dialogo sul latino tra studenti credenti e non, presso il Maxxi di Roma, Dionigi e io abbiamo deciso di intitolarlo Digito, ergo sum. Sempre sul filo del paradosso, si potrebbe tranquillamente affermare che Cristo stesso ha coniato i migliori tweet.

Si tratta di quelli che gli studiosi classificano come lóghia, “detti”, e che brillano per icasticità nella resa greca dei Vangeli. Un esempio per tutti. Il celebre aforisma di Gesù sul nesso tra fede e politica, «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Matteo 22,21), nell’originale greco si compone di soli 52 caratteri, compresi gli spazi tra i singoli vocaboli. E pensiamo a quanto un simile tweet ha generato nei secoli a livello di commenti, applicazioni, controversie e discussioni. Qualcosa del genere si ha anche con papa Francesco.

Propongo due esempi, ovviamente in un latino che ritengo facilmente comprensibile da chi parla una lingua neolatina come l’italiano. Il 16 gennaio 2017 il pontefice riceve il Corpo diplomatico per gli auguri del nuovo anno e tiene un ampio discorso sulla pace e soprattutto sui diritti umani e la dignità della persona. Eccone la sintesi folgorante nel breviloquium di quel giorno: Numquam erit pax donec unus erit homo, qui sua in personae dignitate violatur. L’altro esempio colpisce, invece, la montante paura nei confronti dei profughi e la crescente xenofobia, esortando a scoprire la ricchezza dell’incontro tra diverse culture: Occursus personalis cum profugis timores dissipat depravatasque doctrinas et elementum fit humanitatis incrementi.

Può affiorare una domanda, per altro già affrontata in passato al tempo del Concilio Vaticano II: come tradurre in latino vocaboli contemporanei i cui contenuti erano ignoti alla classicità? Scelgo anche in questo caso due esempi curiosi. Nella giornata della lotta alle “mine” anti-uomo (4 aprile 2017) la versione proposta dal papa è su base greca, come accadeva spesso nel latino classico: pyroboli, ove è evidente il rimando al fuoco dell’esplosione. E quando il pontefice vuole affermare che il cristiano deve avere una stella polare e una guida nel suo cammino morale, ricorre all’espressione acus magnetica, che è la traduzione dell’ago della bussola e persino del gps.

Senza entrare nel merito un po’ sconfortante dell’insegnamento del latino nelle nostre scuole, ricordiamo invece che papa Benedetto XVI ha istituito con un Motu proprio del 10 novembre 2012 una Pontificia Academia Latinitatis, attualmente presieduta proprio dal citato prof. Ivano Dionigi, dedita a «sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura». Questa conoscenza è necessaria, ad esempio, negli studi di teologia, di filosofia, di patristica, di liturgia e di canonistica. L’Accademia si impegna inoltre, coi suoi membri provenienti da tutti i continenti (anche l’Africa), a promuovere l’insegnamento del latino anche nelle scuole medie superiori, nelle università, nelle istituzioni culturali alte.

Già Giovanni XXIII con la Lettera apostolica Veterum sapientia del 22 febbraio 1962 aveva esaltato questa nobile eredità nobile e Paolo VI aveva fondato una sorta di “università del latino”, una facoltà di Lettere cristiane e classiche presso la romana Pontificia Università Salesiana. Ma per ritornare all’Accademia di Latinità, suggeriamo ai lettori cultori di classicità di accostarsi alla sua rivista Latinitas, un vero gioiello di ricerca storico-filologica, ma anche di esercitazioni, di cronache, di modelli didattici. Dobbiamo sempre essere memori di quanto scriveva un testimone ineccepibile come Antonio Gramsci: «Non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali. Si impara per conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi consapevolmente».

Ma per concludere ritorniamo ancora una volta ai tweet papali su un tema a lui particolarmente caro. È un testo di forte suggestione per l’uso dell’anafora insistita e per il crescendo verbale. In esso si sente echeggiare il solenne stile curiale ma anche la passione personale: Misericordia Dei aeterna est: numquam finem facit, numquam exstinguitur, numquam prae saepimentis desistit, numquam deficit. Lo si legga lentamente e non sarà necessaria nessuna traduzione.

GIANFRANCO RAVASI

Breviloquia Francisci papae anno MMXVII composita, cura Officii Litterarum Latinarum apud Secretariam Status, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, pagg. 141, € 8,00.

Latinitas, series nova, Pontificia Academia Latinitatis, in Civitate Vaticana (segreteria@latinitas.va), 2 voll. annuali, € 40,00 entrambi, € 25,00 singolo volume.       

Pubblicato col titolo: «Breviloquia» di Francesco, su IlSole24ORE, n. 171 (26/06/2019).