DALLE MINIATURE AI DIPINTI

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L’essere vissuto per quasi un ventennio tra pareti arredate con scaffali colmi di manoscritti miniati e di codici preziosi o di incunaboli, come era la Biblioteca Ambrosiana di Milano, mi spinge talora a coinvolgere in questa emozione anche i lettori del nostro supplemento. Come esempio di queste ricerche codicologiche propongo ora la mirabile edizione critica di un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Parigi con la segnatura it.115. Una pattuglia di studiosi multidisciplinari si è consacrata sia a condurre un’imponente indagine pluriforme sul codice, sia a offrirne il testo ricco di apparati, analisi filologiche e storiche e glossari, sia a riprodurre commentandola la straordinaria sequenza iconografica di ben 193 immagini eseguite con una sorprendente tecnica di lavaggi a tempera.

         A questo punto è necessario svelare il soggetto. Si tratta della versione italiana delle Meditationes Vitae Christi, un’opera di grande successo nel tardo Medioevo. È una parafrasi dei Vangeli, ibridata da interpolazioni apocrife e parenetico-didascaliche, con un’espansione anche sulla vita di Maria. Il racconto, spesso di struttura dialogica alla seconda persona, provoca il lettore attraverso «una fortissima affettività emotiva», come nota uno dei curatori, così che fioriscano sentimenti di adesione e partecipazione, soprattutto quando è di scena la Passione di Cristo. La popolarità di queste meditazioni è attestata dagli oltre 200 manoscritti medievali, dagli incunaboli e dalle stampe che le hanno conservate in latino, in italiano e in altre lingue volgari.

         Quella parigina, datata attorno al 1330-50, fu ideata probabilmente da un frate, direttore spirituale di un monastero di Clarisse di Pisa, che accompagnò appunto il testo con un affascinante «commento» iconografico. Le Meditationes, nate in latino, sono in questo codice tradotte per la prima volta in italiano, attestando la popolarità di un’opera che può ancora conquistare il lettore attuale anche per il linguaggio scoppiettante nella sua arcaicità e per quella sorta di «filmato» che sono le illustrazioni, capaci non solo di commentare ma anche di integrare e persino sostituire il dettato verbale, in una «fortissima simbiosi tra testo e immagine».

         Continuando la metafora autobiografica iniziale, l’Ambrosiana – secondo la stessa volontà del suo fondatore, il cardinale Federico Borromeo (si legga il c. XXII dei Promessi Sposi) – è dotata pure di un’importante Pinacoteca, nota soprattutto per il Musico di Leonardo, il cartone della Scuola di Atene di Raffaello, la Canestra di frutta di Caravaggio, la Madonna del padiglione di Botticelli. C’è, però, anche una ricca sezione otto-novecentesca: in essa si distinguono alcuni dipinti di Gaetano Previati tra i quali un olio su tela con tre cipressi dalla curiosa inquadratura mozzata, altri due con fiori e rose e un sorprendente, tenebroso e vibrante Funerale di una vergine.

         Questo artista ferrarese (1852), morto a Lavagna nel 1920, era attraversato anche da una vena mistico-contemplativa. Ne è testimonianza una potente e drammatica Via Crucis in 14 tele, eseguite in pochi mesi tra il 1901 e il 1902 e custodita ora nella Pinacoteca Vaticana. Micol Forti, una raffinata studiosa di arte contemporanea, direttrice di questa sezione nei Musei Vaticani, ne offre ora la serie, ricostruendo però anche l’ampio itinerario artistico e spirituale di Previati che a più riprese si era confrontato con le storie della Passione di Cristo. Tra parentesi, sarebbe un’esperienza suggestiva creare una libera sinossi con le scene parallele del codice medievale parigino.

         Grande maestro del Divisionismo italiano, visionario, saldamente ancorato alla sua fede cattolica, «il più mistico dei nostri pittori viventi», come allora lo definiva Ugo Ojetti, Previati in questa Via Crucis, rispetto alle altre da lui eseguite, raggruma il suo linguaggio pittorico nell’essenzialità emozionante degli attori, dei segni e del colore. Come osserva la curatrice del volume a lui dedicato (che comprende studi su altre opere dell’artista, accompagnate da un apparato sui restauri, la diagnostica, le fonti archivistiche), «egli riduce l’inquadratura, elimina ogni dettaglio, fa dei volti e delle espressioni i veri protagonisti del racconto sacro, fa esplodere la tavolozza dei rossi scarlatti e gialli-oro tragici, imponendo allo spettatore una crescente partecipazione emotiva e spirituale».

         Questa nostra libera incursione nell’orizzonte artistico antico e contemporaneo dimostra ancora una volta quanto sia fecondo l’archetipo biblico, confermando la nota battuta attribuita a Marc Chagall secondo la quale le pagine sacre sono come un alfabeto colorato o una tavolozza a cui hanno attinto per secoli i pittori. Sia l’anonimo autore delle illustrazioni del codice it.115, sia il Previati della Passione di Cristo hanno, però, aggiunto una componente ulteriore: le loro «esegesi» bibliche ricreavano, certo, la matrice simbolica, narrativa e spirituale del testo primigenio ma afferravano anche l’anima e il cuore della comunità che contemplava quei fogli o quelle tele. Le opere si trasformano, allora, quasi in pure e luminose omelie.

GIANFRANCO RAVASI

Le Meditationes Vitae Christi in volgare secondo il codice Paris, BnF, it.115, a cura di Diego Dotto, Dávid Falvay e Antonio Montefusco, Edizioni Ca’ Foscari, pagg. 509, € 98,00.

Gaetano Previati, Dalla mistica della Via Crucis alla sinfonia dei Notturni, a cura di Micol Forti, Edizioni Musei Vaticani, pagg. 287, € 40,00.