«Giustamente gli antichi dicevano che pregare è respirare. Qui si vede quanto sia sciocco voler parlare di un perché. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così con la preghiera». È una necessità, allora, la preghiera, secondo Kierkegaard, che nel suo Diario non di rado trasfigurava le sue note in invocazioni. L’idea che l’orazione sia il respiro dell’anima si è associata alla convinzione, espressa da Wittgenstein, secondo cui «pregare è pensare al senso della vita», sostenuto in questo da un “calembour”  heideggeriano : Denken ist danken, “pensare è ringraziare”. Tutte le culture, infatti, accanto all’interrogazione sulla trascendenza, hanno fatto sbocciare l’implorazione o la contemplazione orante, che sono le tonalità fondamentali del pregare.

            Sì, perché sostanzialmente due sono i poli estremi dello spettro cromatico della preghiera. Da un lato, si allarga il violetto cupo e amaro della supplica: «Io grido in alto le mie sofferenze – esclama Eschilo nei Persiani – e dal profondo dell’ombra chi mi ascolterà?». Un terzo dell’intera raccolta dei 150 Salmi biblici è costituito da lamentazioni e persino da proteste. D’altro canto, ecco la lode gioiosa e amorosa del Dio salvatore: «Mio Dio, in cielo brillano le stelle – cantava la mistica musulmana Rabi΄a nell’VIII secolo – e gli occhi degli innamorati si chiudono. Ogni donna innamorata è sola col suo amato. E io sono sola qui con te». Questa è, infatti, una preghiera che s’immerge nel rosso incandescente della mistica.

            È facile immaginare quanto immenso sia il patrimonio eucologico (dal greco euchomai, “pregare, invocare, desiderare”) dell’umanità e quanto sterminata sia la bibliografia: il fenomeno, infatti, abbraccia non solo la diacronia dei secoli, ma anche l’orizzontalità spaziale delle differenti culture del nostro pianeta. Approda in libreria ora, nei nostri giorni apparentemente così secolarizzati e convinti di avere sopra di sé solo cieli vuoti o al massimo disseminati di satelliti, un’intera enciclopedia di centinaia e centinaia di pagine consacrata all’esercizio diuturno del pregare in tutte le sue tipologie. La legione di collaboratori convocati dai curatori ovviamente rende l’opera un po’ diseguale ed eterogenea, ma lo strumento risulta lo stesso insostituibile, accanto ai vari già esistenti.

            Infatti la “circolarità” propria di ogni “enciclopedia” (kyklos) è qui assicurata non tanto da una sequenza alfabetica di voci – che pure potrebbe essere ricostruita, come si fa nel finale “indice sintetico delle tematiche” – quanto piuttosto dalla planimetria stessa dell’opera che risulta, così, passibile di una lettura continua e integrale. La mappa del testo è elaborata dall’angolo di visuale cristiano e occidentale e, quindi, è dalla Bibbia che si procede per avviarsi lungo i percorsi della teologia e della storia ecclesiale. Tuttavia – anche se con un impegno che si sarebbe potuto accentuare e incrementare – ci si allarga pure alle altre regioni spirituali dell’Occidente e dell’Oriente. La prospettiva rimane, comunque, nettamente quella cristiana, confermata com’è anche dal vasto spazio riservato alle scuole di preghiera (da Agostino fino agli attuali movimenti ecclesiali e a Taizé) e alla pastorale del pregare nei vari ambiti dell’esistenza quotidiana.

            Molte sono, però, le originalità in questo impianto tradizionale. Penso, ad esempio, all’attenzione riservata al “pregare con le icone”, alla danza e al corpo come tramiti oranti, al rilievo “etnico” dell’orazione, alla connessione con la filosofia, la psicologia, l’arte, la musica e i mass-media e persino con la politica. C’è un articolo riservato alla “preghiera del profondo” che si nutre di silenzio o di reiterazioni litaniche e può condurre l’anima a una serie di peak experiences. La preghiera, infatti, è un vero e proprio crocevia ove s’incontrano figure e modelli vitali, mentali e spirituali diversi e non deve stupire il fatto che essa possa degenerare fin nella magia o scendere dai sentieri d’altura della mistica sino ai percorsi informatici di Internet (curioso, a pag. 1297 è l’elenco dei “siti sulla preghiera”).

            La “confortevole non credenza” dell’attuale Secular Age, come ha recentemente scritto il filosofo canadese Charles Taylor, non riesce in realtà a spegnere l’anelito verso un Altro e un Oltre. L’uomo contemporaneo apparentemente così disincantato e buffered, cioè “imbottito” a tampone, sempre per usare la terminologia di quel pensatore, continua a cercare l’incanto dell’eterno e dell’infinito, rivelandosi paradossalmente vuoto e affamato. Aveva, allora, ragione Celan quando scriveva: «Ritaglia la mano orante / dall’aria / con la forbice degli occhi, / mozza le sue dita / col tuo bacio: / fanno restare senza fiato, / oggi, / le mani giunte».

                                                                              

C. Rossini e P. Sciadini edd., «Enciclopedia della preghiera», Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, pagg. 1332.