«Abbiamo perduto quei lineamenti come si perde un’immagine nel caleidoscopio. Possiamo scorgerli e non riconoscerli… Forse un tratto del volto crocifisso si cela in ogni specchio; forse quel volto morì, si cancellò, affinché Dio sia tutto in tutti». Era il 1960 quando Borges nell’Artefice scriveva queste righe attestando un’insonne passione per la teologia, coltivata da lui agnostico, eppure convinto – come avrebbe confessato nel Cristo in croce – di «insistere a cercare quel volto fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra». Per usare l’explicit del testo sopra citato attinto a un passo paolino, Gesù è una figura che non vive solo in sé: essa si cela anche nei volti dell’intera umanità, come Dio incarnato per i credenti e come segno di amore e di libertà per tutti (straordinaria è l’idea che un lineamento del viso di Cristo, per altro a noi ignoto, sia racchiuso in ogni specchio che riflette le nostre facce).

            Ho provato, nella mia non ancora definitiva sistemazione residenziale romana, a collocare in un palchetto apposito i libri su Gesù che ho ricevuto in queste ultime settimane. Vorrei ora elencare soltanto qualche titolo: lo spazio permette, infatti, solo di far balenare quanto incessante sia il ricamo esegetico attorno a quel volto che Kafka si ostinava a non fissare perché – come diceva all’amico Janouch – «è un abisso di luce e bisogna chiudere gli occhi per non precipitarvi». Comincerò da lontano, con la riproposizione fatta dalla San Paolo del Gesù di quel geniale teologo che fu John Henry Newman, un anglicano divenuto cattolico e asceso fino al cardinalato. In realtà questa è un’antologia che raccoglie sedici brani desunti dai Parochial and Plain Sermons, tradotti da Giovanni Velocci (pagg. 215, s.i.p.). Il genere omiletico attribuisce calore alla riflessione cristologica e, anche se l’oratore in questione è ancora anglicano (i testi vanno dal 1828 al 1843 e Newman si convertirà al cattolicesimo nel 1845), si ha una purissima e ineccepibile contemplazione del mistero di Cristo.

            Un convertito, ma dall’ateismo più aspro e ribelle, è anche l’altro autore distante dai nostri giorni, Giovanni Papini, con la sua celebre Storia di Cristo che Papa Ratzinger, nel suo Gesù di Nazareth, non ha esitato a classificare tra le “opere entusiasmanti su Gesù”. Ritorniamo solo con un cenno su quest’opera. Era il 1921, l’anno del passaggio dalla dissacrazione alla consacrazione per lo scrittore fiorentino; l’editore era Vallecchi, lo stesso che ora lo ripropone (pagg. 448, € 20,00); lo stile è, certo, reboante e fragoroso, ma la sostanza è incisiva anche perché – come nota Giorgio Luti nella sua prefazione –  «Papini trasforma il proprio credo in una tormentata indagine sul significato della fede cristiana nel mondo contemporaneo» (emblematica è la finale “Preghiera a Cristo”). Gesù Nazareno, però, è ritornato al centro dell’interesse mediatico lo scorso anno per l’accesa disputa sulla sua storicità, e il successo è arriso a due opere poste agli antipodi, il saggio citato di Benedetto XVI e il dialogo Augias-Pesce. Su questa traiettoria si sono mossi altri testi. Due, recenti, meritano di essere segnalati e suggeriti.

            C’è innanzitutto il docente catalano Armand Puig i Tàrrech col suo Gesù (San Paolo, pagg. 807, € 38,00), un libro-bilancio da non perdere perché in modo piano, eppur rigoroso, mette sul tappeto tutta l’attrezzatura necessaria da indossare per un viaggio storico-critico alla ricerca del profilo genuino di Gesù di Nazaret: le fonti cristiane e profane, il contesto storico-geografico, l’itinerario biografico del personaggio, il messaggio e l’approdo unico della sua vicenda sono perlustrati e documentati in modo tale da permettere di ottenere risposte a quella batteria di domande che affiorano quando ci si interessa di Cristo. Altrettanto “didattico” (e l’aggettivo è, in questo caso, elogiativo) è il testo che un docente palermitano, Giuseppe Savagnone, ha voluto approntare sfidando la conclusione lapidaria del noto Perché non possiamo essere cristiani di Odifreddi: «E’ finalmente giunta l’ora di emettere un verdetto sul cristianesimo. Che, ovviamente, è la condanna capitale».

            Ecco perché il volume s’intitola Processo a Gesù (Elledici, pagg. 190, € 10,00) e si sottotitola “E’ ancora ragionevole credere nella divinità di Cristo?”. Le pagine, che non indulgono – come i vari scritti di “ateologia” ai quali si oppone – allo sberleffo o al sarcasmo fin caricaturale, sono una pacata e argomentata analisi dei dati “processuali” riguardanti Gesù Cristo, non con la finalità di spingere in modo cogente alla fede nella sua divinità, quanto piuttosto nel voler dimostrare che si può essere cristiani in senso teologico pieno senza dover rinunciare alla riflessione critica o all’analisi documentaria e senza ricorrere al fondamentalismo o all’illusione. E’ un po’ ciò che propone anche – sia pure con altro percorso e con minore sistematicità – Rudolf Schnackenburg (1914-2002), «forse il più importante esegeta cattolico di lingua tedesca della seconda metà del XX secolo», come lo definisce sempre Papa Ratzinger nell’opera già citata. Il titolo del libretto – che è già stato evocato dal nostro supplemento – può sorprendere:  Amicizia con Gesù (Morcelliana, pagg. 122).

            Effettivamente la meta finale è quella dell’incontro esistenziale e personale con Cristo, ma essa viene raggiunta attraverso una ricomposizione del suo volto eliminando le possibili deformazioni o i riduttivismi (rivoluzionario o moralista o mito o puritano esseno?). Si delinea, così, un rapporto con lui, conquistato non nella pura adorazione del trascendente o con la mera solidarietà nell’umanità, bensì in un abbraccio dall’intimo, un “incontro mistico”. Abbiamo altri volumi cristologici qui davanti a noi, ma lo spazio disponibile è esaurito. A suggello vorrei porre un suggestivo tomo illustrato, curato da Costanza Barbieri col titolo esplicito di Vangeli Dipinti (Viviani, pagg. 343, s.i.p.): l’intera trama della vita di Gesù è affidata a un’eccezionale esegesi iconografica attraverso una vera e propria galleria di dipinti mirabili della storia secolare dell’arte cristiana, commentati sia nel loro valore artistico sia nella loro intensa ed emozionante spiritualità.