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Hackerando Darwin

Ingegneria genetica e futuro dell’umanità secondo Metzl

di Carlo Maria Polvani

La International Convention for the Control and Management of Ships’ Ballast Water and Sediments stipulata nel 2004 ha come finalità di prevenire gli effetti indesiderati dell’uso dei serbatoi zavorra nelle navi cargo che, prelevando acqua da un oceano e riversandola in un altro, occasionano fra l’altro, il trasporto involontario di specie viventi fuori dal loro ecosistema nativo. Una delle specie che si sarebbe diffusa in diversi habitat marini per mezzo di questo singolare modo di locomozione, è la Turriopsis dohrnii, conosciuta con l’invitante nomignolo di “medusa immortale”. Questo cnidario è di particolare interesse per gli zoologi in quanto ha la rarissima — per non dire unica — capacità di rovesciare il fenomeno fisiologico dell’invecchiamento (i.e. le cellule adulte, sotto condizioni di inanizione o di stress termico, possono ringiovanire, permettendo all’individuo di rivivere un secondo ciclo vitale). Parimenti intrigante risulta la “vongola artica” (Arctica islandica) che, diversamente agli altri molluschi bivalvi che hanno una speranza di vita di 40 anni circa, può sopravvivere fino a 500 anni. E forse ancora più significativa, trattandosi di un vertebrato terrestre, è la “talpa senza pelo” (Heterocephalus glaber) originaria del Corno d’Africa, che gode una speranza di vita almeno dieci volte superiore a quella dei comuni roditori.

Si sospetta che le cause che accomunano queste specie nella loro eccezionale longevità consisterebbero nel saper fornire una singolare protezione al loro patrimonio genetico. La talpa senza pelo produce la speciale proteina HSP25 che eviterebbe il prodursi di errori di replicazione dell’acido desossiribonucleico (ADN). La vongola artica godrebbe di un sistema avanzato di prevenzione dei processi di ossidazione causati dai radicali liberi sui suoi cromosomi. La medusa immortale sarebbe capace di riattivare l’informazione genetica per riportare le cellule adulte allo stadio di cellule staminali che, non essendo differenziate, sono dotate della speciale facoltà di autorinnovamento. Non si può escludere che, in un futuro abbastanza prossimo, si potranno determinare i complessi processi dietro tali meccanismi biochimici; e, a quel punto, verranno spontanee le domande di una loro possibile applicazione agli esseri umani.

Questo è uno dei dilemmi sollevati da Jamie Frederic Metzl nel suo libro Hacking Darwin. Genetic Engineering and the Future of Humanity (Chicago, Sourcebooks, 2019, pagine 352, dollari 25.99). La carriera del dottor Metzl è alquanto eclettica. Completati i suoi studi in giurisprudenza a Harvard e a Oxford, ha ricevuto incarichi dall’Amministrazione Clinton nel U.S. Security Council e nello State Department e dalle Nazioni Unite in qualità di Human Rights Officer in Cambogia; a tutt’oggi, è membro del Council for Foreign Relations, ma è la sua passione di autore di thriller fantascientifici che lo ha predisposto — alla stregua di Jules Vernes e di H.G. Wells — a ricoprire il suo ruolo attuale di futurologo di fama mondiale. Il suo saggio è innanzitutto un appello a tutti gli uomini di buona volontà ad affrontare i problemi etici e sociali che le ultime forme di ingegneria genetica stanno sollevando; ma esso risulta anche essere un ottimo strumento, sia per specialisti sia per profani, dello stato attuale dell’avanzamento delle tante e svariate tecniche che permettono l’individuazione, la separazione e la ricombinazione dei geni. Alcune tecniche di manipolazione genetica potrebbero essere classificate nel modo seguente.

In primis, il sequenziamento della ADN che consente di conoscere la successione delle quattro basi azotate (adenina, citosina, timina e guanina) che codificano i geni nei cromosomi. Sviluppata dal due volte Premio Nobel Frederic Sanger (1918-2013), tale tecnica ha compiuto, negli ultimi trent’anni, dei veri passi da gigante. Basti pensare che oggi, grazie alle procedure delle NGS (le Next Generation Sequencing o “sequenziamento in parallelo”) è possibile conoscere l’intera serie delle 3 miliardi di basi che costituiscono il genoma umano di una persona nell’arco di una settimana. E basti pensare che grazie alla nuova procedura CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), si può non solo leggere celerissimamente ma anche sintetizzare o alterare speditissimamente l’ADN con una precisione chirurgica, bersagliando la modifica di una sola base azotata in un intero patrimonio genetico, in modo da eliminare le cause genetiche di malattia ereditarie, quali possono essere la talassemia (la cui forma più comune in Europa è riconducibile a difetti del gene HBB nel cromosoma 11) e la fibrosi cistica (la cui forma più comune è causata dalla mancanza di soli 3 dei 108.702 nucleotidi che compongono il gene CFTCR nel cromosoma 7).

Simili progressi sono stati compiuti dalle tecniche di fecondazione artificiale. Messa a punto da un altro Premio Nobel di Cambridge, Robert Edwards (1925-2013), la qualità e le tempistiche delle varie fasi della FIVET (Fecondazione In Vitro e Trasferimento Embrionale) — stimolazione delle ovaie, prelievo degli ovociti, fecondazione dei medesimi da parte di spermatozoi, trasferimento dei blastociti (gli ovuli fecondati dopo una prima serie di divisioni cellulari) nell’utero e conferma dell’inizio della gravidanza — sono migliorate in misura eccezionale rispetto a quelle utilizzate per il concepimento di Louise Brown (il primo “bebè-provetta”, nata il 25 luglio 1978). Nel 2018, su 130 milioni di nascite nel mondo solo lo 0,27 per cento del totale è avvenuto per fecondazione artificiale, ma questa percentuale potrebbe crescere rapidamente. Con le nuove tecniche PGT (Pre-Implantation Testing) — che permettono di determinare con minuzia le caratteristiche genetiche dell’embrione prima del suo impianto intrauterino — aumenterà la tentazione dei governi — alcuni dei quali hanno già adottato la mostruosa pratica del Down-free per impedire la nascita di bambini affetti da trisomia del cromosoma 21 — nel favorire la riproduzione assistita su quella naturale, per almeno due ragioni.

La prima è assicurare risparmi sulla spesa sanitaria (il costo delle cure per un paziente affetto da malattie genetiche supera in media i €500.000, mentre quello di una FIVET potrebbe essere contenuto sotto i €5.000). La seconda ha a che vedere con gli studi GWAS (Genome Wide Association Studies). Le interazioni fra i 21.000 geni umani, infatti, saranno presto esaminate da intelligenze artificiali che ne dedurranno informazioni capitali sulle predisposizioni genetiche di ogni individuo: dalle sue caratteristiche fisiche (altezza, colore dei capelli, muscolatura...), alle sue predisposizioni per ogni tipo di malattia (Alzheimer, tumori, ictus...) e persino, alle sue qualità tipicamente umane (intelligenza, carattere, indole). La linea di demarcazione fra cura e potenziamento umano (human enhancement) ne risulterà offuscata. Si sospetta, per esempio, che Michael Phelps — verosimilmente il più grande nuotatore di tutti i tempi — non avrebbe potuto raggiungere un palmarès di 28 medaglie olimpiche (delle quali 23 d’oro) se la lunghezza delle sue braccia allargate (208 cm) non fosse superiore alla sua altezza (193 cm) e se non avesse dei legamenti così flessibili da permettere ai suoi piedi (che calzano il 47), di imitare il movimento di potenti pinne. Entrambe queste capacità del “Baltimore Bullet” sono probabilmente connesse a delle mutazioni genetiche conosciute solo nella loro forma più estrema: la sindrome di Marfan (che causa la aracnodattilia, ossia delle mani sproporzionatamente lunghe) e la sindrome di Ehlers-Danlos (di cui soffrono molti contorsionisti).

Queste condizioni mediche portano con sé conseguenze nefaste — la Marfan è collegata con la malformazione di valvole cardiache e la Ehlers-Danlos con il cedimento dei vasi sanguigni — che potrebbero essere contrastate, pur mantenendo però i lati desiderabili delle medesime... e a quel punto, un qualsiasi violinista potrebbe avere delle mani lunghe e flessibili come quelle di Niccolò Paganini, senza effetti collaterali indesiderati. Per il dottor Metzl, NGS, CRISPS, PGT GWAS sono gli strumenti di una nuova corsa: la human race, che per certi aspetti rischia di assomigliare alla arm’s race (corsa agli armamenti) di infelice memoria, poiché ogni nazione cercherà un vantaggio competitivo sulle altre senza troppo preoccuparsi delle conseguenze globali.

Sembra che, come è successo con l’atomo, gli uomini che hanno appena imparato a leggere l’alfabeto della genetica siano impazienti di incominciare a scrivere un testo tutto loro. Non è dato prevedere se la gene therapy — la terapia genetica che consiste nel cambiamento della sequenza della ADN in situ per curare malattie ereditarie — e se il selective breeding — la riproduzione selettiva che consiste nel selezionare quali embrioni impiantare sulla base della miglior combinazione genetica ereditabile dai genitori — sfoceranno nell’apparizione di una specie geneticamente migliorata di homo sapiens. Ma se l’umanità non vuole sentire un’altra volta le parole pronunciate da Robert E. Lewis, comandante dell’Enola Gay, dopo lo sganciamento della bomba atomica su Hiroshima «My God, what have we done?», sarebbe meglio che si chiedesse da adesso: «My God, what are we doing?».

Pubblicato in L'Osservatore Romano, 06/12/2019.